Un certo Joao

Oleg Korolev



João era favolista?
Favoloso?
Favola?
Sertão mistico che impazza
nell`esilio del linguaggio comune?

Proiettava nel cravattino
la quinta faccia delle cose
inenarrabile narrata?
Un estraneo di nome João
per dissimulare, simulare
ciò che non osiamo comprendere?

Aveva pascoli, palme piantate
nell´ appartamento?
Nel petto?
Era vegetale o passero
sotto la robusta ossatura con faccia
di bue soddisfatto?
Era un teatro
e tutti gli artisti
in uno stesso ruolo
girotondo multivoco?

João era tutto?
tutto nascosto, fiorendo
come fiore é fiore, seppur non seminato?
Mappa con gli accidenti
scivolando fuori, parlando?
Custodiva fiumi in tasca
ciascuno col suo color d´acqua
senza mischiare, senza scontrarsi?
E d´ogni goccia redigeva
nome, curva, fine,
e nel destino intero
suo fato era sapere
per raccontare senza spogliare
ciò che non si deve spogliare
e per questo si veste di nuovi veli?

Mago senza attrezzatura,
civilmente mago, invocando
prodigi improvvisi accudendo
universale chiamata?
Ambasciatore del regno
che c´è dietro ai regni,
dei poteri, delle supposte formule
dell´abracadabra, sesamo?
Regno recinto
non di mura, chiavi, codici
ma regno-regno?

Perché João sorrideva
se gli chiedevano
che mistero è mai questo?
E offrendo disegni figurava
meno una risposta che
un altra domanda al postulante?
Un patto col … (che ne so
del nome) o egli stesso era
quella nostra parte
che fa da ponte
tra il sub e il sovra
che si archibugiano
da prima del principio,
che s´intrecciano
a miglior guerrra
a maggior festa?

Restiamo senza sapere cos´era João
e se João é esistito
per davvero, palpabile.

Carlos Drummond De Andrade

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